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sabato 29 gennaio 2011

La Palombara: "In Italia le toghe fanno politica. C'e' un problema di democrazia"

Joseph La Palombara - origini abruzzesi, cultura democrat e cattedra a Yale - è uno dei più stimati politologi americani, ma da quando l`affare Ruby ha conquistato le prime pagine dei giornali statunitensi vive con malcelato imbarazzo le ironie dei colleghi.
Come replica, professore? «Con due argomenti, che rischiano di farmi passare per ciò che davvero non sono: un simpatizzante di Silvio Berlusconi».
II primo? «Per prima cosa cerco di spiegare ai miei colleghi più critici che la campagna dei giornali italiani sulle prodezze sessuali del vostro premier non fa altro che rafforzarlo».
Perché lo dice? «Perché ho motivo di credere che almeno una metà dell`elettorato italiano finisca per invidiarlo e che molti considerino sproporzionato lo scandalo».
Il secondo argomento? «E` quello serio, tant`è che ne ho scritto anche sul giornale di Yale».
Sarebbe? «Lo stato del vostro sistema giudiziario. E` da prima che Berlusconi scendesse in campo che in Italia si sostiene la necessità di riformare la magistratura, ma ho l`impressione che gli italiani non capiscano la gravità dell`incesto professionale tra pubblici ministeri e giudici».
Per la verità, esiste anche in Francia.
«Vero, ma le assicuro che in Francia i magistrati si guardano bene dal fare campagne politiche».
Cosa che, invece, avviene in Italia? «Mi pare chiaro che parte della magistratura stia cercando da anni di mettere fuori gioco Silvio Berlusconi, e non occorre essere berlusconiani per capire che si tratta di un problema di democrazia».
Da voi potrebbe accadere? «Mai. Quando da noi un giudice si sovraespone politicamente poi appende la toga a un chiodo. E lo fa per sempre».
E se lo speaker della Camera chiedesse le dimissioni di Obama? «Se non fosse aperta una procedura di impeachment, lo prenderebbero per matto: un attacco politico come quello mosso da Fini a Berlusconi da noi darebbe scandalo, e infatti non è mai accaduto».
Avete però avuto almeno un grande scandalo sessuale...
«La coreggo: Clinton non fu processato per essere andato a letto con la Lewinski ma per aver giurato il falso in un`aula di tribunale. Kennedy non è stato certo il solo presidente americano per così dire attratto dalle donne, ma nessun giornale lo scrisse...».
Da noi, i giornali scrivono delle donne di Berlusconi perché circolano le intercettazioni...
«E questa è un`altra dimensione del problema: per noi americani è impensabile che notizie contenute nelle intercettazioni circolino liberamente in spregio al segreto istruttorio. E` chiaro che occorrerebbe una riforma».
Quale? «Almeno due. La prima, fondamentale, sarebbe separare le carriere di pm e giudici».
E la seconda? «Rivedere il sistema di autogo- verno della magistratura. Se non sbaglio, c`è un magistrato italiano condannato a 16 anni per abuso d`ufficio che svolge le funzioni di procuratore nel caso di Amanda Knox. Ecco: da noi prima di tornare ad esercitare la professione un giudice deve aver chiarito la propria posizione personale».
Da politologo, e da ottimo conoscitore dell`Italia, come spiega l`odierno conflitto tra poteri dello Stato? «Con la famosa battuta di Massimo D`Azeglio».
«Abbiamo fatto l`Italia, ora dobbiamo fare gli italiani»? «Esatto, perché è chiaro che il problema non è stato ancora risolto. E senza un sentire comune e una comune identità non c`è nazione, e dunque non può esserci lo Stato. Ci sono solo poteri, spesso in conflitto tra loro».
(La Nazione)

venerdì 28 gennaio 2011

Marchionne, altro che uomo dell'anno. Ecco perché ha fallito tutti gli obiettivi

Egregio dott. Sergio Marchionne,
se c’è una cosa che accomuna (quasi) integralmente l’opinione pubblica italiana, è la sua osannazione. Salvo rare voci isolate (per giunta strumentali), non vi è opinionista che non La indichi come simbolo della migliore classe dirigente italiana. L’ex maggior quotidiano economico italiano (del quale per mia sfortuna sono azionista) l’ha eretto a uomo dell’anno. Lei, oramai affetto da un totale delirio di onnipotenza, si permette (perché in un Paese di invertebrati, chi ha un po’ di sale nella zucca è condannato ad emergere) di proporre e far accettare unilateralmente il suo dogma.
Forse per ignoranza della storia industriale, probabilmente per il basso profilo che contraddistingue l’attuale classe dirigente, sicuramente per la predisposizione al servilismo che accomuna l’intellighenzia italiana, nessuno ha il coraggio di dire e contestare ad alta voce la verità: sul piano commerciale la Fiat auto dell’era Marchionne ha miseramente fallito e su quello industriale ha commesso innumerevoli errori.
L’8 e 9 novembre  2006 veniva presentato in pompa magna il “Fiat Investitor & Analyst Day” (uno degli innumerevoli dell’era Marchionne che puntualmente disattendeva i precedenti e sarà smentito dai successivi).  Tutti gli obiettivi del piano al 2010 sono stati mancati:
tabella sole 24 ore

Qualcuno potrebbe imputare tali risultati deludenti agli strascichi della crisi globale, invece tutte le altre case nel 2010 hanno macinato record su record: gli ultimi sono stati il marchio Volkswagen che ha venduto 4,5 milioni di auto ed il gruppo Psa con 3,6 milioni di vetture vendute (+13% sul 2009).
A differenza di quello che si crede, il rilancio di Fiat e di Exor (ex Ifi-Ifil) dell’era Marchionne non è arrivato dalla gestione industriale, bensì dalle operazioni finanziarie “risoluzione Put option Gm” (1,5 miliardi di euro), cessione quota “Italenergia” (1,1 miliardi, plusvalenza 0,8 miliardi) , “convertendo” (3 miliardi di euro di debiti convertiti in capitale), “equiti swap”, la quota della news Chrysler che la Fiat ha pagato e pagherà zero (il 20+15% potrebbero valere anche 7 miliardi di euro), spin-off, ecc...
Tranne poche rare eccezioni, la Sua Fiat non ha dato alla luce successi commerciali: il flop di Brera e Spider, le vendite della Delta al lumicino, il declino della Bravo, il fiasco del restiling Croma. Oggi il grosso delle (poche) vendite del gruppo proviene da progetti preesistenti (Grande Punto e Panda) oppure voluti da altri (la 500 di Lapo Elkann).
La leggenda dell’uomo decisionista (pare che abbia detto che le decisioni vadano prese alla velocità della luce), in realtà nasconde l’arroganza di voler essere libero a continui ripensamenti (come la vettura segmento C dell’Alfa che poco prima del lancio cambia nome da Milano a Giulietta); atteggiamento che ha fatto perdere al gruppo i migliori uomini (fra cui Luca De Meo). Decine di manager licenziati oppure spostati da un incarico ad un altro hanno fatto trovare più volte l’organizzazione nel caos.
La totale confusione nella quale ha navigato il piano prodotti negli ultimi 6 anni:
Lancia: suv inizialmente previsto per il 2006 su base Fiat Sedici è stato prima rimandato, poi cassato ed infine ricomparso (forse) su base Chrysler; del “modello di nicchia” (i rumors parlavano della Fulvia) previsto per il lontano 2007 non se ne è saputo più nulla, la news Ypsilon rimandata più volte. Alla fine è arrivata la grande idea di ricarrozzare tutte le Chrysler con il logo Lancia (che destino inglorioso ed irrispettoso della storia del marchio);
Alfa Romeo: lei si chiede spesso perché vende poco, io noto che l’intero marchio ha una gamma pari alle varianti di un solo modello Audi o Bmw; l’erede del segmento C prevista nel 2007 ed uscita solo 36 mesi dopo; il top di Gamma annunciato per il 2008 e continuamente procrastinato; inizialmente era previsto in un solo Suv, dopo si è detto nessuno, ora pare addirittura due.
L’incomprensibile errore commerciale di annunciare con largo anticipo l’uscita di modelli: infatti perché un acquirente, che tiene al valore della sua auto, dovrebbe acquistare un’Alfa 159? Il deludente andamento delle vendite nei nuovi mercati russo, cinese ed indiano.
Per gli stabilimenti di Pomigliano e Termini Imprese, dietro i proclami della loro bassa produttività, si nasconde il preordinato affossamento della produzione del primo (come mai, nel suo assioma di non lasciare così com’è un modello sul mercato per più di 2 anni, dopo tanto tempo dal lancio, non è stato effettuato alcuna rinfrescata stilistica alla 159 e al GT?) e della chiusura del secondo (premesso che nello stabilimento siciliano si produceva ancora su pianale “Punto Classic” solo la “Ypsilon” e acclarato che l’erede sarebbe stata prodotta – era già chiaro nel 2005 - su pianale Panda-500–Tychy-Polonia, a quale stabilimento poteva essere mai essere assegnata?).
Il grossolano errore di non aver investito nei Crossover e Suv, benché fosse evidente anche all’ultimo venditore di auto usate del globo che il mercato premium andasse in tale direzione.
A proposito di Suv, gira voce che all’Elasis di Pomigliano, il centro ricerca di eccellenza Fiat, abbiano impegnato tanta parte del loro tempo (e soldi pubblici) per testare il Suv Alfa “Kamal”, salvo abbandonare il progetto perché i volumi presunti di vendita non avrebbero ripagato i costi di industrializzazione. 
Sia ben chiaro che tutte le sua posizioni sulla produttività degli impianti sono più che condivisibili, ma il punto non è questo. Gli utili si possono fare in due modi: alzando i ricavi oppure comprimendo i costi (o meglio un mix dei due). La sua Fiat pare sia in grado di agire solo sul secondo aspetto. In altri termini non riuscendo a convincere i consumatori a comprare auto del gruppo, sta scaricando il problema su fornitori e dipendenti.
Giovanni Esposito

martedì 25 gennaio 2011

Montezemolo? Meglio un Bot. Ecco perché

Egregio presidente Luca Cordero di Montezemolo,
noto con un certo stupore che in Italia si sta diffondendo l’arte del “Tuttologo” che, in quanto tale, permette a presunti ingegni multiformi di dissetare nelle più svariate discipline. Ad ogni buon conto, in merito alle sue dichiarazioni sulla quotazione del Sole 24 Ore ( "Se non ci fossero state le risorse della quotazione oggi la situazione del Sole sarebbe molto difficile, per non dire peggio") e più in generale sull’apertura al mercato dei piccoli risparmiatori, mi permetto di richiamare alla sua memoria alcuni fatti e circostanze.
Il 23 ottobre del 2006 è stata ammessa alle quotazioni presso la borsa valori italiana “Poltrona Frau spa”, il prezzo dell’Ipo determinato in 2,10 euro, i soldi raccolti fra i risparmiatori 103,70 milioni di euro, per una capitalizzazione complessiva di 294,00 milioni di euro.
Il patrimonio netto tangibile negativo per 13,8 milioni di euro (a causa del valore elevato degli avviamenti e marchi) e l’indebitamento pari a circa 110 milioni di euro, ravvisavano che, più elevata fosse stata la raccolta di mezzi freschi, maggiori sarebbero risultati i benefici per Poltrona Frau spa, ma le cose non andarono così: delle 49,1 milioni di azioni ammesse alla quotazione, solo 8,9 milioni (il 18,1%) risulteranno di nuova emissione; in altre parole, dei 103,7 milioni di euro raccolti, solo 18,7 milioni finirono nella casse della società (in realtà ancora di meno se si considerano le commissioni incassate dagli advisors), la restante parte, pari a ben 85,0 milioni di euro, risulteranno incamerati dei vecchi azionisti.
Fra gli azionisti che hanno venduto, incassando una lauta plusvalenza, il fondo Charme, quello del gotha dell'imprenditoria italiana, fra cui Luca Cordero di Montezemolo.
Egregio Presidente l’operazione è stata più che lecita, a me preme ricordare che tale fondo aveva sede in Lussemburgo (all’epoca dei fatti annoverato fra i paradisi fiscali) che, se i rudimenti di diritto tributario comparato che conosco non mi inducono in errore, prevedeva proprio un regime preferenziale per le plusvalenze derivanti da operazioni finanziarie.
Il Fondo Charme, che aveva sempre chiuso i conti in perdita, ha realizzato il primo (e unico) esercizio in utile, comprando le azioni di Poltrona Frau a 0,76 euro e vendendole ai piccoli risparmiatori a 2,1 euro, altre notizie di lauti guadagni, grazie ai flussi di cassa generati, non mi sovvengono.
Tutta l’operazione “Frau” era ricca di conflitti d’interesse: Unicredit era il principale creditore finanziario del gruppo Frau e il global coordinator del collocamento, nel Cda figuravano quali indipendenti Marco Piccinini (manager del Gruppo Fiat di cui Montezemolo era Presidente) e Andrea Pininfarina (con esso intratteneva rapporti di fornitura), Fiat e Ferrari, del resto, erano e sono importanti clienti.
Se il diritto Penale prevedesse norme con la stessa ratio del Testo Unico della Finanza, basterebbe dichiararsi reo confessi per guadagnarsi l’assoluzione: invero è sufficiente che le criticità vengano esposte nel Prospetto informativo, perché alla Consob vada bene. Nelle 496 pagine del documento depositato per la quotazione di Poltrona Frau, in caratteri minuscoli, è segnalato tutto; anche che l’intervallo di prezzo del titolo, rapportato agli utili, era più caro di ben 8 volte la media dei 13 comparables individuati (fra cui Bulgari, Tod’s, Hermes, LVMH) e 4 volte il più sopravvalutato fra questi (Safilo)   
Il 13 settembre 2010, dopo quasi 4 anni dall’Ipo e con le quotazioni a 0,78 euro, Unicredit emette un report valutando il titolo 0,86 euro.
Dall’esercizio successivo alla quotazione ad oggi (45 mesi) il gruppo ha accumulato una perdita di 4,3 milioni di euro, l’azione ha perso il 53% del valore. Certo gli investimenti vanno anche valutati in termini di rendimenti: difatti i dividendi totali distribuiti in quatto anni sono stati pari a 0,04 centesimi, poco meno del 2%del capitale investito in sede di Ipo; non male visto che le stesse somme investite in titoli di stato pluriennali avrebbero reso in 4 anni intorno al 15%, ovviamente oltre alla restituzione dell’intero capitale.
Egregio Presidente, lo Stato Sovrano dell’Italia ha mille difetti, ma spesso fa rendere i soldi dei risparmiatori, meglio di tanti imprenditori privati. 
Giovanni Esposito

domenica 23 gennaio 2011

Tremonti: il vero problema non è il debito pubblico!

Bruxelles, 18 gen. (TMNews) - Quanto alla responsabilità del settore privato nella crisi, il ministro ha fatto un dotto riferimento all'eresia monofisita del V secolo, che attribuiva a Gesù solo la natura divina, negando quella umana ('assorbita' dalla divinità). La 'querelle' teologica fu chiusa con il Concilio di Calcedonia (451), e la condanna del monofisismo, ma oggi, ha detto Tremonti, "c'è un atteggiamento 'monofisista' da parte di chi dice che la crisi è stata causata solo dalla finanza pubblica; la nostra impressione è che abbia invece una doppia natura, di finanza sia pubblica che privata. Se si nega questo - ha avvertito il ministro - si nega la realtà: la stabilità non dipende solo dalla finanza pubblica, ma anche dall'eccesso della leva finanziaria, dalle carte di credito e dalle bolle immobiliari nella finanza privata. La non considerazione di questo 'lato oscuro' - ha osservato Tremonti - ci ha portato a una grande criticità", come dimostra il fatto che "l'Irlanda non aveva problemi di bilancio pubblico" prima della sua crisi dovuta al salvataggio delle banche da parte del governo.
Tremonti ha sottolineato che tutti i ministri dell'Eurozona e la Commissione oggi parlano di una "soluzione complessiva" alla crisi, in opposizione all'approccio Stato per Stato, man mano che emergono le difficoltà, che rischia di ingenerare un effetto domino. Per il ministro, la "parola chiave" è 'comprehensive' (che in inglese vuol dire 'complessivo), perché nella sua radice latina richiama la comprensione, e "significa avere onestà intellettuale, comprendere le cause della crisi". E' un processo, ha osservato, che "sta andando avanto molto bene: quello che era stato visto come un modo particolare e un pò provinciale di leggere la crisi, da parte dell'Italia, ora si sta affermando" a livello europeo. A questo punto, ha chiesto Tremonti, "la domanda è: perché dovrebbero essere prese misure rigorose per i bilanci pubblici, senza fare niente per il settore privato? Anche per noi la disciplina fiscale è un obiettivo fondamentale, ma deve essere combinata con un'analisi più profonda della crisi. E' troppo facile dare la colpa ai governi: ma in Irlanda, Portogallo, Spagna il problema non era la finanza pubblica. I problemi stavano anche nel settore privato, e la disciplina deve intervenire sui due lati".
Dopo essere partiti da una "demonizzazione del debito pubblico", siamo insomma davanti a un vero e proprio cambio di strategia: "Guardare solo al debito pubblico senza la finanza privata, o solo alla finanza privata senza il debito pubblico è un errore. Abbiamo confermato la disciplina fiscale, ma vogliamo anche - ha detto Tremonti - più controlli sulla solidità delle banche e della finanza privata, questo è l'approccio giusto ed è la via maestra". Un approccio comprendente, ad esempio, gli 'stress test' sulle banche, che il commissario Ue al Mercato unico, Michel Barnier, ha confermato oggi saranno ripetuti con una metodologia "più rigorosa e ancora più credibile" rispetto a quelli della primavera scorsa.

Trichet è costretto a negare che la BCE sia insolvente - video

Claudio Celani, Vicepresidente MoviSol, per la sesta conferenza stampa consecutiva, incalza Trichest su Glass-Steagall e l'insolvenza della Bce, definendola la bad bank d'Europa. Di fatti, essa va trasformandosi nella pattumiera del sistema bancario privato europeo: titoli spazzatura in cambio di liquidità! Il problema è che essa, dal 2002 è l'organo sovrano in politica monetaria, essendosi i Paesi membri dell'UEM privati dell'essenziale funzione della sovranità monetaria, fondamentale per potersi parlare ancora di repubbliche democratiche: Trichet è costretto a negare che la BCE sia insolvente - video

sabato 22 gennaio 2011

Dietro il Bunga Bunga

(Il Tempo) - Non c’è niente. Almeno su questo tutti nel Pdl sono d’accordo. Nelle carte arrivate alla Camera per ottenere l’autorizzazione a perquisire l’ufficio di Giuseppe Spinelli, cassiere di casa Berlusconi, non c’è nulla di penalmente rilevante. E si mostrano tutti piuttosto tranquilli e sereni che oltre lo sputtanamento non ci possa essere nulla di nulla.
Cosa c'è sotto? Il punto è: che altro c'è? Quali sono le altre carte in mano alla procura di Milano? Per esempio, è chiaro che il telefonino della consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti è stato intercettato per mesi. In quel periodo Nicole ha parlato spesso con Berlusconi. Quelle registrazioni non sono per il momento utilizzabili perché il premier è anche deputato e dunque è necessaria richiedere l'autorizzazione all'utilizzo così come è necessario il voto della Camera anche per entrare nell'ufficio di Spinelli. Prima o poi spunteranno fuori anche quelle.
Perché l'antimafia?
Ma il punto sul quale gli uomini del premier si stanno arrovellando da giorni sono altri. E gli interrogativi inquietanti. Il fondamentale dei quali è, appunto, che altro c'è nell'inchiesta milanese? C'è un altro filone? Stanno per piovere accuse sul capo del governo ancora più pesanti? Per essere più precisi: perché indaga l'Antimafia? L'inchiesta infatti porta la firma di tre magistrati. Uno è Ilda Boccassini, capo della procura distrettuale antimafia di Milano; un altro è Antonio Sangermano, anche lui specializzato in reati della criminalità organizzata. Che c'entrano loro due se l'indagine fin qui è stata per concussione (che riguarda la pubblica amministrazione) e sfruttamento della prostituzione?
Il blitz contro la 'ndrangheta. La Boccasini era salita agli onori delle cronache nel luglio scorso per una megaoperazione contro la 'ndrangheta che ha portato a circa 300 arresti, la gran parte dei quali in Lombardia. Operazione che venne elogiata anche dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, il processo che ne è scaturito comincerà a breve. La politica venne solo lambita: sarebbero stati convogliati voti - a sua insaputa - su Giancarlo Abelli (Pdl), che non è indagato.
La battuta del Cav. A legare la mafia al caso Ruby, tuttavia, fu lo stesso Silvio Berlusconi lo scorso 4 novembre: «Nessuno può negare che alcune delle cose che accadono siano una vendetta della malavita». Come spesso accade, le cose che dice il Cavaliere vengono prese alla leggera. E così Roberto Benigni nel corso di una puntata di «Vieni via con me», il programma di Roberto Saviano (in cui si era parlato dell'indagine della Boccassini sulla mafia al Nord), ci scherzò su: «Berlusconi ha detto che la vicenda è stata una vendetta dalla mafia. La mafia una volta ti ammazzava, ora invece ti manda due escort in bagno... Io ho il terrore di questo». Poi, rivolto ai mafiosi disse: «Siete delle bestie, vendicatevi di me, fate schifo: vi fornisco l'indirizzo del mio albergo a Milano».
Arcore intercettata un anno. C'è poi un altro interrogativo. Perché viene controllata la villa di Arcore? Le forze dell'ordine e la magistratura si occupano di Ruby la sera del 27 maggio 2010. La ragazza ha conosciuto il premier soltanto il 14 febbraio precedente. E allora perché gli investigatori hanno acceso i fari di villa San Martino da almeno un mese prima, ovvero da gennaio 2010? Perché stanno agganciati alla cella telefonica di Arcore dall'inizio dell'anno e tramite i cellulari seguono chi entra ed esce dalla residenza privata del premier? Perché? Chi stanno "seguendo"? Un mafioso? È questa la prossima accusa che si sta per scagliare sul premier? E cioé che a casa sua incontrava boss della mafia?
I rapporti di Lele. L'Espresso oggi in edicola rivela in poche righe un elemento significativo: «Risulta che in alcune informative sugli affari delle cosche calabresi venga citato più volte il nome di Lele Mora, forse l'anello di congiunzione tra l'inchiesta sulle serate allegre di Berlusconi e quelle sulla 'ndrangheta al Nord». Forse Silvio gli avrà chiesto qualcosa nel lungo incontro che hanno avuto il 4 gennaio scorso. O forse hanno parlato solo di soldi. Quel che appare sempre più chiaro è che i magistrati stessero lavorando a un filone diverso. Per caso si imbattono sulla vicenda della marocchina che partecipava alle feste di Arcore. La concussione, la prostituzione appaiono come uno stralcio, come un episodio di un'attività d'indagine ben più corposo. Almeno ne sono convinti gli uomini più stretti della cerchia del Cavaliere.
A caccia della droga. In effetti, c'è un altro elemento che fa riflettere. Nel corso delle perquisizioni, gli agenti hanno requisito effetti personali delle ragazze che si trovavano in via Ogliettina a Milano, negli appartamenti di Berlusconi. Anche perquisizione corporali, anche nelle parti intime. Di solito operazioni di questo genere si eseguono quando si è a caccia di droga. Perché si cerca la cocaina? Perché i poliziotti pensano di trovare droga in quegli appartamenti sebbene nelle intercettazioni non se ne parla mai? Si sa pure che Berlusconi non tollera neppure che si fumi una sigaretta, figuriamoci se possa consentire l'uso di stupefacenti a casa sua. I pm sono convinti del contrario? O sono certi che alcune di queste prostitute finite a casa del premier fossero in realtà in contatto se non stabilmente all'intero di organizzazioni criminali, dedite al traffico di droga? Non sono domande campate in aria o semplice dietrologia. Sono gli interrogativi che si stanno ponendo i più stretti collaboratori del premier nel tentativo di comprendere quale sarà la prossima partita con i magistrati.
Sospetti sulla polizia. Per questo c'è un altro interrogativo che ci si sta ponendo. E riguarda la Polizia. Nell'operazione di spionaggio di Arcore pare siano stati utilizzati 230 agenti. È impossibile, ragiona un esponente del Pdl, che con un tale spiegamento di forze il capo della Polizia, Antonio Manganelli, non sapesse nulla di nulla. Si aggiungono anche dubbi riguardo ai servizi segreti, coordinati da Gianni De Gennaro, che pure hanno fatto sapere di non aver avuto alcuna notizia sull'indagine della Boccassini. Nulla di nulla sebbene il capo centro di Milano sia un appartenente alla Polizia. Ma Gianni Letta ha fermato tutti: Manganelli e De Gennaro non si discutono. E se lo dice Letta ci si può mettere la mano sul fuoco.
Sicurezza scoperta. Ma qui si apre uno scenario più inquietante. Può anche essere accaduto che un mafioso si sia infilato nella macchina di qualche prostituta e "travestito" da autista si sia introdotto nella casa del premier. Non dovrebbe succedere, è chiaro. Ma forse è accaduto. Se ciò fosse è altamente probabile che quella persona poco raccomandabile fosse intercettato, che ci fosse un uomo delle forze dell'ordine che lo stesse ascoltando, che lo stesse seguendo attraverso gli spostamenti del suo cellulare, che avesse compreso che stava per andare a casa del premier. E che nonostante tutto ciò, nonostante cioé la sicurezza del presidente del Consiglio potesse esser esposta a un rischio, nessuno abbia nulla. Una falla tanto clamorosa che non può essersi verificata.

venerdì 21 gennaio 2011

I prezzi del cibo al massimo storico a causa della speculazione

(Movisol) - L'ultimo indice della FAO sui prezzi del cibo, compilato sulla base di 55 generi alimentari e pubblicato il 5 gennaio, dimostra che il prezzo medio del cibo è aumentato oltre il massimo storico raggiunto durante la crisi del 2008, che condusse a sanguinose rivolte in 30 nazioni. I prezzi sono aumentati costantemente negli ultimi sei mesi del 2010, raggiungendo uno sconcertante 32%. Le rivolte per il cibo sono esplose in Algeria il 4 gennaio, e l'aumento dei prezzi è stato un fattore determinante nelle proteste tunisine, mentre gli esperti temono un'ondata di rivolte a livello mondiale.
In termini di produzione fisica, la situazione potrebbe cambiare rapidamente, con la cooperazione internazionale e il varo di progetti infrastrutturali su vasta scala. Ma tale orientamento è lungi dalle intenzioni dell'oligarchia che manipola i mercati e specula sulla vita della gente.
I moniti della FAO sono stati confermati dal rapporto pubblicato il 12 gennaio dal Ministero dell'Agricoltura USA (USDA), che nota che ancor oggi il consumo mondiale è al di sotto dei livelli di produzione attuali, che sono di per sé troppo bassi. Questo significa che le scorte attuali di cibo stanno scemando. Stando a Olivier de Schutter, lo Special Rapporteur dell'ONU sul diritto al cibo, le scorte di tutti i tipi di grano precipiteranno a 427 milioni di tonnellate nel 2011, rispetto ai 489,8 del 2009! Oltre due terzi del calo sono avvenuti negli Stati Uniti e nell'UE.
Dei quattro principali esportatori di grano (USA, Canada, Russia e Australia), la Russia non esporta più per via della siccità della scorsa estate, e l'Australia è colpita dalle alluvioni. Il ministro dell'Agricoltura francese Bruno LeMaire ha annunciato improvvisamente l'11 gennaio che anche la Francia potrebbe limitare le esportazioni, ma ha poi smentito, dopo il panico sui mercati.
Quanto al mais, l'USDA ha ridotto di 4,7 milioni di tonnellate la previsione per la produzione mondiale nel 2011, ad un totale di 816 milioni di tonnellate. Negli Stati Uniti stessi, il principale produttore ed esportatore di mais, quest'anno quasi il 40% del raccolto verrà utilizzato per l'etanolo, e la frode del biocarburante continua ad alimentare la bolla speculativa, privando la gente del cibo.
Il che ci porta all'aspetto finanziario della crisi attuale. Benché ci siano, naturalmente, problemi reali di produzione e approvvigionamento, questi vengono deliberatamente esacerbati dalla politica iperinflazionistica creata dai salvataggi bancari, che sommergono il mondo di liquidità e provocano ondate di speculazione finanziaria sui mercati delle commodities.
Basti considerare il fatto che nel 2010 il volume medio quotidiano di derivati finanziari scambiati alla Borsa Mercantile di Chicago era di 12,2 milioni, ovvero il 19% in più rispetto al 2009. Nello stesso periodo le transazioni alla Borsa di New York, che fruttano meno a breve termine, sono diminuite del 20,9%.
Olivier de Schutter ha messo correttamente in guardia dagli speculatori finanziari, in un'intervista del 13 gennaio al quotidiano francese Les Echos. La volatilità dei prezzi, ha detto, è dovuta alla speculazione in derivati finanziari. "All'inizio, [i contratti a termine] consentivano ai produttori di vendere in anticipo il raccolto, per proteggersi contro il rischio di un calo dei prezzi, e consentivano agli acquirenti di acquistare in anticipo, per proteggersi da un aumento degli stessi. Ma dal 2005-2006 e dalla liberalizzazione dei mercati dei derivati negli Stati Uniti, gli investitori hanno cambiato natura. I fondi di investimento, i fondi pensioni ed altri fondi speculativi, che hanno un grosso potenziale di attacco finanziario, non sono specialisti quando si tratta di mercati agricoli. Di conseguenza si è sviluppata una sorta di economia da casinò con una logica puramente speculativa".
Come ha proposto Jean Ziegler, predecessore di De Schutter all'ONU, i banchieri responsabili della crisi dovrebbero essere giudicati da un Tribunale di Norimberga. Abbiamo i mezzi per nutrire 12 miliardi di persone, ha sottolineato, e quindi ogni bambino che muore di fame è vittima di omicidio. È ancor più scandaloso se si considera che i principali cartelli delle commodities hanno fatto profitti osceni nel 2010. La Cargill ha registrato un aumento delle entrate del 74% nel periodo giugno-novembre, rispetto all'anno precedente.
In una dichiarazione del 12 gennaio, dal titolo "chi vi sta mangiando?", Lyndon LaRouche sottolinea che l'intenzione dietro al globalismo, allo pseudo-ambientalismo ed alla speculazione sul cibo è chiaramente il genocidio.

venerdì 14 gennaio 2011

La demagogia liberista di Montezemolo e Italia Futura contro Tremonti ed imprenditoria

Con ineguagliabile trasversalismo la ricetta liberista prova ad accerchiare l'azione politica nazionale. Pochi mesi dopo l'insediamento dell'attuale Governo Berlusconi, Emma Marcegaglia tuonò: “Il grande tema delle liberalizzazioni è stato tolto dall'agenda politica!”. In effetti aveva velocemente compreso (sicuramente prima dei finiani) che le visioni di Tremonti – più ispirate dalla tradizione storica del sistema americano di economia politica (dirigista e protezionista) – stavano frenando quelle liberiste (proprio del modello imperiale britannico).
Recentemente è intervenuto sul tema, durante una puntata di Ballarò, con Diego Della Valle ed Italo Bocchino a fargli da eco, anche il Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Antonio Catricalà, richiedendo in modo chiaro che il tema delle liberalizzazioni fosse un tema pacifico e trasversale a tutte le forze politiche. Ed anche Bruno Vespa qualche giorno fa è intervenuto nel dibattito chiedendo a Berlusconi di procedere con le liberalizzazioni. Lapo Pistelli, responsabile relazioni internazionali del PD, in un recente commento afferma: “... servirebbe oggi un bel governo a guida Mario Draghi ...”; Draghi, appunto, colui che diresse la più grande operazione privatizzatrice dell'impresa nazionale, regalando vere e proprie perle dell'economia pubblica ad interessi privati nazionali ed esteri e contribuendo a disintegrare il welfare italiano.
Nelle ultime ore, con l'articolo Il neostatalismo municipale della Lega (e di Tremonti) e la solitudine di chi lavora e produce, Italia Futura, l'associazione fondata da Montezemolo, è intervenuta a dar man forte ai liberalizzatori-privatizzatori. D'altra parte – all'interno del sovraordinato processo di progressiva distruzione degli stati-nazionali – manca ancora qualche ultimo cespite dell'economia italiana (il sistema pensionistico, quello sanitario ed educativo, le municipalizzate ed i servizi pubblici locali) da mettere sotto le mani delle oligarchie finanziarie, e l'asse Lega-Tremonti, mentre il sistema finanziario internazionale va disintegrandosi a ritmi accelerati – con Geithner che invita gli Usa1 ad aumentare il debito pubblico ed i Paesi membri dell'UE sostanzialmente falliti – , ne sta rallentando il passaggio ai soliti Montezemolo, De Benedetti, Benetton, Della Valle, Caltagirone, ma in particolare ai gruppi bancari che operano tramite costoro! A tal proposito, si prenda a riferimento l'ultima esperienza liberalizzatrice attuata dall'ultimo Governo Prodi, che ha beneficiato nel settore ferroviario il duo Montezemolo-Della Valle, che con la loro società NTV (sostanzialmente una controllata di una serie di fondi speculativi di diritto lussemburghese2) andrà a fare concorrenza alle strategiche Ferrovie dello Stato. Questa concorrenza non sarà su tutte le linee del territorio nazionale, ma solo su quelle ad alta redditività (Napoli-Milano per esempio), lasciando allo Stato, e dunque ai contribuenti (compresa l'imprenditoria tanto cara ad Italia Futura e Montezemolo) la copertura di spesa delle tratte non remunerative (quelle dei piccoli paesini) ma che un paese civile non può non avere.
Così l'articolo di Italia Futura mira ad ingannare la piccola imprenditoria, giocando sulle sue obiettive difficoltà, provando a metterla contro una linea politica che in realtà la tutela più di quanto possa fare il trasferimento ai privati di settori strategici di base le cui condizioni di erogazione finiranno, in un modo o nell'altro, coll'essere peggiori, per la inevitabile pressione generata dagli appetiti profittuali. La soluzione di Italia Futura in realtà accelera il prodursi delle conseguenze negative prodotte dal sistema della globalizzazione finanziaria, dove gli interessi speculativi dominano sull'economia reale. Diversamente la linea neo-statalista municipale della Lega e Tremonti, è un tentativo di rimandare, il comunque inevitabile collasso, di un sistema economico-finanziario da rifondare attraverso una primaria riorganizzazione fallimentare ordinata, un nuovo ordine monetario internazionale a cambi fissi, il ripristino dello standard Glass-Steagall, la fondazione di sistemi nazionali sovrani di credito, ed il lancio di linee di credito nazionali a basso tasso d'interesse e lunga scadenza, per progetti infrastrutturali ed industriali ad alto tasso tecnologico-scientifico, che fungano da volano per il rilancio dell'intera economia globale. Si tratta di cose, invero, già presentate al Parlamento italiano, e passate con maggioranza bipartisan: la più volte richiamata “responsabilità”, non consiste nell'adeguarsi all'inumano e decotto sistema della globalizzazione, quanto piuttosto nel proporre e lavorare con i partner politici internazionali per la riformulazione di un modello, che proprio come lo fu quello rooseveltiano, porti a generare sviluppo per tutte le nazioni che vogliano adottarlo. O i politici nazionali ed i cittadini di buona volontà, avranno il coraggio di proporre questa ricetta larouchiana, oppure non potremo far altro che assistere impotenti al collasso degli stati-nazionali, a cui seguiranno nuovi ordinamenti di matrice autoritaria.

1 A proposito degli Stati Uniti, è interessante rilevare che il Segretario al Tesoro USA inviti il suo paese a fare ciò per cui sono interdetti i Paesi membri dell'UE: aumentare il debito pubblico. D'altra parte la stessa Gran Bretagna, che non rientra sotto l'Eurosistema, ha aumentato il rapporto debito pubblico / pil all'incredibile valore del 147% (dunque a livelli ben più alti di quelli italiani), se si vanno a considerare le nazionalizzazioni bancarie a cui ha dovuto procedere per salvare le proprie banche. Se si considera che attraverso l'FMI gli Stati sud-americani, quelli africani e quelli del sud-est asiatico sono stati sottoposti a politiche di riduzione del debito (oltre che di liberalizzazioni e privatizzazioni), con i risultati in termini di sottosviluppo e povertà noti, si potrà facilmente dedurre che la ricetta anglo-americana nega agli altri ciò che consente a sé stessa. Concludendo, è importante ricordare che non esiste precedente storico che abbia portato ad un rilancio dell'economia reale, passando dal primario abbattimento del debito pubblico, diversamente, come insegna emblematicamente la storia degli Stati Uniti d'America, è attraverso l'espansione della spesa pubblica in settori strategici (infrastrutture ed industria) che si attua il rilancio dell'economia reale.

La lobby della morte in Europa

(MoviSol) - Oltre agli USA ci sono tentativi aggressivi di introdurre l'eutanasia anche in Europa, Australia e Canada. In Germania, l'appello contro un ritorno della infame politica "T4" di eutanasia dei nazisti, lanciato il 30 dicembre dal presidente dello Schiller Institute Helga Zepp-LaRouche, ha particolarmente aperto gli occhi del pubblico in Germania, dove gli attivisti hanno riscontrato molte reazioni positive allo slogan "eutanasia per le banche e non per la nonna". Il sito web del BüSo (http://www.bueso.de/) ha caricato un nuovo video sul tema dell'eutanasia, in chiave attuale e storica.
L'appello della signora Zepp-LaRouche ha ricevuto vento in poppa da recenti rievocazioni degli orrori del programma nazista. Sono numerose le istituzioni tedesche coinvolte in una campagna per commemorare le vittime del programma T4, che iniziò 71 anni fa. Il 10 gennaio, a Brandenburg/Havel, sono stati avviati i lavori per un museo in uno dei sei grandi centri di eutanasia creati dai nazisti nel 1940, dove furono gasati 9.000 pazienti. In Austria ha fatto sensazione prima di Natale il ritrovamento di una fossa comune e di liste di condannati all'eutanasia, che facevano parte del centro T4 di Hall, in Tirolo.
In Italia, il quotidiano Avvenire ha pubblicato un forte attacco alla politica di Obama il 28 dicembre, che si concludeva con la frase: "la chiamano care, ma assomiglia terribilmente all'eutanasia". Il decreto di Obama è stato anche denunciato il 6 gennaio dal sito web austriaco unzensuriert.at, il quale ha notato che esso si spinge anche più in là dell'infame pratica di eutanasia in Olanda, pagando un premio ai medici che convincono i pazienti a rinunciare alle cure costose.
Purtuttavia, i tentativi di legalizzare l'eutanasia in Europa sono numerosi. Nell'associazione medica tedesca, al senato francese e al parlamento nazionale svizzero sono in corso iniziative in tal senso.
Il 18 gennaio, la Commissione sugli Affari Sociali del senato francese dovrebbe iniziare a discutere il testo sull'eutanasia, che dovrebbe passare in aula il 25. I titoli delle tre leggi in discussione dimostrano già il punto fatto dalla signora Zepp-LaRouche sul "sottile cambiamento di enfasi" descritto dal dott. Leo Alexander dopo i processi di Norimberga. La prima proposta, stilata nell'ottobre 2008, è presentata come "aiuto attivo alla morte, rispettoso della coscienza e della volontà di ogni persona". Relatore è il senatore Fouché, del partito di Sarkozy. La seconda proposta, introdotta nel luglio 2010, parla di "aiuto attivo alla morte", relatore Jean-Pierre Godefroy del Partito Socialista. La terza, presentata nell'ottobre 2010, parla di "eutanasia volontaria", relatore Guy Fischer del Partito Comunista.
Le iniziative in Svizzera e Australia vedono protagonista il partito dei verdi. Questa combinazione di estremismo ambientalista e radicalismo sul fine vita è una miscela particolarmente pericolosa, minacciosa per la vita umana tanto quanto il monetarismo radicale praticato dagli enti del sistema finanziario.

lunedì 10 gennaio 2011

Sul caso di Tucson

Jared Lee Loughner, il giovane squilibrato di Tucson reo di aver ucciso 6 persone e fatto 14 feriti con un'arma da fuoco, contrariamente ai suoi intenti, finirà probabilmente col dare una mano alla riforma sanitaria di Obama. Mentre scoppia lo scandalo internazionale intorno a questa riforma - un tipico caso di "azzardo morale" che vede l'Amministrazione Obama procedere a tagli della spesa sanitaria, mascherati con l'estensione della stessa ad una fetta degli indigenti, dopo aver attuato salvataggi bancari per trilioni di dollari - il caso di Tucson darà valenza più digeribile alle tesi della parlamentare democratica Gabrielle Giffords, che è una accanita sostenitrice della riforma dell'Health care. Sono molti gli aspetti immorali della riforma, in quanto ispirata da un approccio utilitaristico alla vita umana, sulla falsariga del modello britannico (dove infatti l'aspettativa di vita media è la più bassa dell'UE), ma con i media che adesso sono concentrati sulla lista di "proscrizione" di Sarah Palin (tra cui vi era la Giffords), il dibattito sui fattori seri è ora troncato sul nascere.
La domanda allora è: chi è veramente Jared Lee Loughner? L'MK Ultra c'entra qualcosa o siamo più semplicisticamente a rapporti di causa-effetto? Oppure, ben prima della "lista Palin", il vero principio di causalità lo rintracciamo in una crisi economica a cui anche Obama risponde con metodi filo-oligarchici e che sta generando nella cittadinanza Usa un vero e proprio "sciopero di massa" che si manifesta da mesi con proteste contro i parlamentari, rei di non pensare agli interessi della gente comune? In ogni caso, qualunque sia la risposta, chi ha a cuore il bene comune deve mantenere l'attenzione sul merito della riforma dell'Health care statunitense.

domenica 9 gennaio 2011

Soros sul nuovo ordine mondiale

Germania, Italia: i derivati minacciano la democrazia

(MoviSol) - La combinazione tra riduzione della tasse, aumento della spesa sociale, riduzione dei sussidi ai Comuni da parte dei 16 stati tedeschi, ed aumento del vecchio debito sta trascinando gli enti locali in Germania in una situazione altamente precaria. Lo afferma il DST (Deutscher Staedtetag, la consulta tedesca degli enti locali) in una conferenza stampa tenuta il 28 dicembre. Il nuovo deficit netto di tutte i Comuni in Germania ha subito un'impennata da 4,2 miliardi di Euro nel 2009 a 7,8 miliardi quest'anno, col risultato che il deficit totale accumulato è arrivato a quasi 15 miliardi e potrebbe raggiungere i 20 miliardi nel 2011.
Nello stato dell'Assia, dove il debito pro capite dei Comuni è aumentato di un terzo nei primi sei mesi del 2010, Karl Christian Schelzke, direttore dell'associazione degli enti locali dell'Assia, ha avvertito che questa drammatica erosione delle finanze pone una seria minaccia alla democrazia, visto che la democrazia si fonda sugli enti locali e sulla fiducia dei cittadini a livello locale. Se crollano gli enti locali, vengono sconvolti i fondamenti della democrazia nella repubblica, avverte Schelzke.
Un drammatico peggioramento della situazione della finanza locale è stato registrato anche in Italia, dove il portavoce di MoviSol Claudio Giudici ha denunciato la bancarotta degli enti locali, che non sono stati in grado di affrontare l'emergenza neve per mancanza di fondi. Le istituzioni dello stato stanno reagendo al pericolo. A Firenze 22 funzionari di banca sono stati messi sotto inchiesta per frode relativa ai contratti derivati che avevano venduto al Comune di Firenze, mentre a Roma l'amministrazione comunale ha citato in giudizio 11 banche per lo stesso motivo, esigendo un pagamento di 83 milioni. L'anno scorso a Milano alcune grosse banche sono state processate per frode sui derivati.
Il debito in derivati degli enti locali è così grande che l'Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI) l'ha definito una "minaccia alla sicurezza nazionale". Il numero di fine anno della rivista dell'AISI Gnosis scrive: "La vulnerabilità della situazione attuale è elevata: improvvisi default da parte degli Enti locali sottoscrittori (causati da insolvenze o mancate consegne) potrebbero determinare effetti negativi (in termini di problemi di liquidità o creditizi) e comportamenti di panico a catena, gravemente pregiudizievoli per la stabilità della finanza pubblica non solo locale, ma anche nazionale. Il problema connesso ai derivati sottoscritti da Amministrazioni pubbliche è sì finanziario ma anche politico per la presenza di costi occulti che acuiscono le forti pressioni che la sostenibilità dei debiti pubblici nazionali sta subendo".